Essere se stessi può essere molto difficile perché implica mantenere una certa sensibilità. Implica mantenere proprio quella sensibilità che ti permette di rimanere in contatto con ciò che è più sottile, con le tue parti animiche, con la dimensione spirituale a cui appartieni. Rinunciamo a quella sensibilità per un fraintendimento, pensiamo di trovare ciò che cerchiamo al di là di ciò che siamo, cerchiamo forza, bellezza, audacia, potere, controllo. Ma questa ricerca, nel momento in cui ci porta a rinnegare chi siamo, allontana da noi quella gioia, quell’amore e quella pace cui in realtà tutti aspiriamo. Di seguito riporto il caso di Alberto, in stato di rilassamento la sua parte spirituale lo guida a comprendere meglio alcuni aspetti della sua vita, rivisitando alcune scene significative del suo passato:
Io: “chiedi di comprendere meglio, come nasce questo tuo timore di essere te stesso?”
Alberto: “Sono alle scuole medie, Luca è il mio compagno di banco ed è uno dei miei migliori amici. Io scherzavo con lui, anche altri scherzavano con lui, alcuni lo sfottevano. A distanza di tempo muore. Lui era stato preso (dal Volador o entità, ndr), perché era troppo buono.”
Io: “era stato preso perché era troppo buono?”
Alberto: “Io ho pensato questo”
Io: “tu (la mente, ndr) hai pensato questo, invece Spirito cosa ti dice, perché è stato preso?”
Alberto: “Perché ha fatto un patto”
Io: “per ottenere cosa?”
Alberto: “per essere forte come gli altri, per essere meno sensibile. Lo hanno imbrogliato. Io me ne ero accorto, ma ho pensato che essere forti ti fa morire, perché lui era diventato più forte, ma lo sguardo era finto. Quel giorno, quando ci siamo rincontrati, mi ha guardato in un modo diverso, non era lui.”
Io: “non era il suo sguardo, era l’entità.”
Alberto: “Sì. Io scherzavo quando lo prendevo in giro.” dice con tono dispiaciuto.
Io: “non volevi certo fargli del male”
Alberto: “Non volevo. Luca tu non eri debole, tu la vedevi così, ma noi scherzavamo tutti. Poi questo è successo a me, perché qualche anno dopo si sono accaniti su di me.”
Io: “cosa è successo qualche anno dopo?”
Alberto: “le stesse persone che si accanivano su Luca sfottevano me a scuola, ero al primo anno di liceo. Io ho resistito, perché potevo anche diventare come loro. Però ho cambiato scuola e ho iniziato a non essere più me stesso. Ho iniziato a voler essere come gli altri. Solo quando avevo a che fare con la musica ero io. Per il resto del tempo fingevo continuamente, mettevo una maschera.”
Io: “quindi ora temi che se torni a essere te stesso devi subire l’umiliazione di “cambiare scuola” un altra volta?” … Continua con la seconda parte